Il carsismo dei Monti Aurunci

I principali fenomeni del massiccio

Quadro generale

La totalità della catena dei Monti Aurunci è caratterizzata da fenomeni carsici epigei ed ipogei che rappresentano una delle peculiarità di questi luoghi. Il carsismo di queste montagne è il risultato di complessi eventi tettonici che hanno interessato un’ampia porzione dell’Italia medio-tirrenica, della continua azione degli agenti atmosferici nonché del fondamentale apporto del fattore tempo, instancabile modellatore del paesaggio. Non sorprende dunque di trovare nei Monti Aurunci vette montane arrotondate da venti e piogge, così come le antiche vallate e i numerosi canali che ne solcano i pendii. Da un punto di vista geologico, i Monti Aurunci, parallelamente ai restanti massicci che compongono la Catena dei Volsci (Monti Lepini e Monti Ausoni), furono tra i primi sistemi montuosi ad emergere durante la cosiddetta orogenesi appenninica, processo che ha portato all’innalzamento dell’intero Appennino datato a circa 30 milioni di anni fa, a cui fecero seguito le catene montuose più interne ultima delle quali risulta essere quella del Gran Sasso d’Italia, che con i suoi 6 milioni di anni è il sistema montuoso più giovane degli Appennini Centrali. La conformazione attuale dei Monti Aurunci è ben diversa da quello che dovette essere il massiccio carbonatico originario dove le vette delle montagne probabilmente andavano a raggiungere quasi i 3000m s.l.m. A riguardo deve essere citata la stima attualmente nota riguardante la dissoluzione del processo carsico, ovvero circa 3mm di roccia ogni cento anni, in diretta conseguenza un rapido calcolo permette di ipotizzare che in 30 milioni di anni ben 900 m di roccia calcarea deve essere stata dissolta. Si vanno ora a descrivere le morfologie epigee ed ipogee che costellano il panorama montuoso dei Monti Aurunci.


depressione carsica
Punto di depressione in area carsica

Carsismo di superficie

Evidenze del fenomeno carsico sono presenti sull’intero massiccio montuoso, l’erosione dei calcari ha morfologicamente modificato il paesaggio con forme ben evidenti, quest’ultime anche condizionate dai fenomeni tettonici e dalla dislocazione delle faglie. Depressioni carsiche e fenomeni di dissoluzione sono diffusi praticamente ovunque, legati principalmente alle pendenze del terreno ed alla fratturazione delle rocce. In presenza di terreni inclinati è comune la formazione dei karren, in questa condizione l’acqua non penetra subito nel sottosuolo ma avanza per scorrimento, dissolvendo la roccia in solchi paralleli. Morfologie del terreno pianeggianti risultano invece favorevoli alla formazione di doline che raccolgono e convogliano le acque negli strati al di sotto della superficie: queste depressioni sono particolarmente evidenti nelle aree circostanti Monte Altino, Gegne, Valle Gaetano, Campo di Venza, solo per citarne alcune. Ad ovest di Monte Petrella è situata Fossa Juanna, con un diametro di circa 100 m è la dolina più estesa dei Monti Aurunci. Le polje più importanti sono quella delle Ornete e di Pagliarini-Polleca, separate da Monte Revole ma ben visibili dalla Forcella di Fraile. Nelle zone a maggior depressione (conche carsiche, doline e vallate) sono presenti accumuli di materiali detritici sotto forma di terre rosse, residuo dei processi di dissoluzione delle rocce carbonatiche, contenenti argille residue e minerali insolubili. La caratteristica sfumatura rossastra di questi accumuli è dovuta a processi di ossidazione dei minerali ferrosi. Tra i maggiori fenomeni del carsismo epigeo si segnalano i pianori carsici di Serra Campo di Venza e Valle di Sciro, valli sospese delimitate da rilievi circostanti ricche di doline e punti di assorbimento, quasi a formare dei sistemi carsici indipendenti.



Valle di Sciro vista da Monte Ruazzo
Valle di Sciro vista da Monte Ruazzo

Carsismo ipogeo

I fenomeni ipogei sono sicuramente la parte più interessante del carsismo dei Monti Aurunci. I processi dissolutivi di superficie continuano la loro azione anche in profondità e l’erosione della roccia calcarea, in un complesso processo di speleogenesi, ha generato gallerie, pozzi e cunicoli all’interno del massiccio calcareo. La maggior densità di grotte attualmente conosciute, anche per rilevanza speleologica, è localizzata sui Monti Aurunci Occidentali lungo una linea immaginaria che congiunge il Monte Redentore all’abitato di Esperia. Alle quote più elevate le cavità tendono ad avere un andamento prevalentemente verticale con pozzi mediamente profondi e meandri stretti, talvolta al limite della percorribilità. La grotta più profonda è l’Abisso del Vallaroce (-401m) mentre quella più estesa è la Grava dei Serini, con oltre 3 Km di sviluppo. Altre cavità, anche di recente esplorazione dal Gruppo Grotte Castelli Romani, sono Grotta Pandora (-350m), Abisso Shish Mahal (-315m), Grotta della Ciauchella (-296m), Abisso Innominato (-210m). Un elenco delle cavità più profonde è consultabile alla pagina Grotte profonde Monti Aurunci

pozzo nella Grava dei Serini
Pozzo da 25m nella Grava dei Serini

Considerazioni sullo stato delle esplorazioni (aggiornamento 2019)

Le attività esplorative e la complessa interpretazione del fenomeno carsico non consentono al momento di fissare dei capisaldi, non senza il rischio di imbattersi in qualche errore grossolano. L’eredità dei precedenti esploratori è stata raccolta dal Gruppo Grotte Castelli Romani ed ampliata con nuove ricerche ed esplorazioni che hanno portato a rivedere quanto apparentemente consolidato in precedenza. E’ doverosa ad ogni modo qualche considerazione sui lavori conclusi, quelli in corso, le problematiche emerse, compresa qualche ipotesi che sia spunto di riflessione per le attività future e che possa essere d’aiuto nell’ interpretazione di quello che, al momento, è tra i maggiori rompicapo della speleologia laziale. Nel 2006 il Gruppo Grotte Castelli Romani inizia ad interessarsi alle ricerche speleologiche sui Monti Aurunci portando le cavità catastate da 85 alle oltre duecento attuali. In quest’arco temporale l’area è stata frequentata con ritmi serrati e un intenso lavoro di carattere geografico ha consentito il riposizionamento degli ingressi conosciuti mentre la rivisitazione (quasi integrale) delle cavità presenti ha permesso di prendere confidenza con il carsismo aurunco: passaggi per nulla scontati e nuovi rami sono stati scoperti in cavità precedentemente dichiarate senza prosecuzione (Abisso Petrella, Ciauca di Monte Moleta). Il maggior apporto ai risultati raggiunti è senz’altro dovuto all’intensa attività di ricerca svolta, alle segnalazioni degli abitanti del luogo e degli speleologi locali che prima del Gruppo Grotte Castelli Romani avevano battuto queste aree. Se si escludono le cavità minori, ad oggi si contano circa 50 grotte con profondità superiore ai 50 metri, di queste, una ventina con un dislivello negativo compreso tra 100 e 400 metri. Dal punto di vista speleologico, i Monti Aurunci presentano un potenziale esplorativo impressionante, basti pensare al dislivello calcolabile tra le quote di apertura degli ingressi e la localizzazione delle sorgenti a valle per ottenere oltre mille metri di roccia erodibile.

risalita di un pozzo
Risalita di un pozzo

Purtroppo, le esplorazioni degli ultimi anni ed il trascorso speleologico dei decenni passati, non sono ancora riusciti a dimostrare la presenza di un carsismo davvero profondo che sia percorribile dagli speleologi. Sebbene quantitativamente i risultati siano molto positivi, le profondità massime attuali ricalcano sostanzialmente quelle raggiunte dagli esploratori negli anni ’ 80, attestandosi mediamente intorno ai 300 metri. Sull’attuale situazione di stallo e le difficoltà nel procedere in profondità si possono avanzare diverse ipotesi, frutto non solo dell’esperienza diretta sul campo ma derivanti anche dalla non completa conoscenza del massiccio carbonatico dal punto di vista geologico e idrogeologico. Per quanto il carsismo sia antico, probabilmente ancora non si è arrivati ad uno stato maturo del fenomeno (doline poco profonde) e quanto evidente in superficie può essere esteso in profondità, ipotizzando la non completa gerarchizzazione delle zone vadosa e freatica. A supporto di questa tesi sono ad esempio la presenza di banchi calcarei dolomitici nei quali la presenza di magnesio rende la roccia meno solubile, così come il comportamento delle sorgenti alla base del massiccio (Capodacqua e Mazzoccolo) che, a seguito di eventi meteorici, risultano avere tempi di risposta non rapidissimi e conseguente lento svuotamento dell’acquifero carsico durante i periodi di secca. Dal punto di vista idrogeologico questo farebbe ipotizzare il trasferimento delle acque nel sistema carsico prevalentemente per fratturazione e non per condotte. Per quanto concerne l’aspetto esplorativo, le grotte presentano una morfologia abbastanza complessa e l’avanzamento degli speleologi è fortemente rallentato non solo dai tempi necessari a delineare la corretta prosecuzione ma, anche dalle energiche operazioni di disostruzione per la forzatura dei punti stretti, particolarmente impegnativi in presenza di meandri. Nonostante queste premesse, le esplorazioni continuano incessanti mentre l’area carsica dei Monti Aurunci continua a restituire nuove cavità aumentando di fatto le possibilità di accedere alle zone più profonde del sistema.

progressione su un traverso
Progressione su traverso

Foto

Campello Vecchio
la piana di Campo di Venza
concrezioni nella Grotte dei Merci
dolina Monti Aurunci
campi solcati Monte Petrella
la piana di Polleca