I fossili dei Monti Aurunci
Speleologia e fossili
Quando ci troviamo a percorrere i sentieri del Parco, grazie ad uno sforzo di immaginazione, dobbiamo tenere presente che ci stiamo spostando al di sopra di una successione di depositi costituiti prevalentemente da calcare e da dolomia, una piattaforma spessa quasi 4000 metri che si sviluppa nell’ambito dell’era Mesozoica e precisamente dal Trias superiore (circa 200 Ma) al Cretacico superiore (circa 85 Ma). L’analisi scrupolosa dei fossili (coralli, bivalvi, gasteropodi, alghe marine, foraminiferi, etc.) contenuti al loro interno ci consente di affermare che queste rocce si sono depositate sul fondale di un mare di acque tiepide, poco profonde e limpide (piattaforma carbonatica), analoghe a quelle che oggi caratterizzano arcipelaghi corallini intertropicali, come ad esempio le Isole Bahamas e Sharm El Sheik, nel Mar Rosso. In questo paleoambiente trovavano il loro habitat varie specie viventi, tra le quali molti microrganismi ed altri di maggiori dimensioni come i molluschi. In particolare, nelle rocce triassiche è possibile trovare un bivalve del genere Megalodon oppure, nelle rocce del Cretacico superiore affioranti diffusamente presso Monte Ruazzo e Monte Altino, si possono trovare resti fossili di rudiste.
Lo strato successivo, più recente e ascrivibile al Cenozoico, è costituito da argille, arenarie e conglomerati. Negli Aurunci orientali, invece, le coperture sabbioso-argillose del Cenozoico sormontano sedimenti di piattaforma più recenti rispetto a quelli presenti nella successione occidentale, come è suggerito dai fossili in essi rinvenuti, quali Pecten e Ostrea, affioranti pressi Coreno Ausonio e Ausonia. E così oggi a 1500 m di quota è possibile scoprire nei calcari dei Monti Aurunci esemplari fossili di organismi marini vissuti milioni di anni fa.
Ma cosa sono i fossili e come si formano?
In planetologia il termine fossile (dal latino fodere, “scavare”) viene usato per indicare resti integri o parziali di organismi un tempo viventi. In generale, il termine, viene attribuito ad una qualsiasi testimonianza di vita geologicamente passata (antecedente all’epoca attuale): resti animali, quali ossa, denti, uova, conchiglie; resti vegetali, quali foglie, tronchi, pollini; evidenze di attività vitale (strutture di bioturbazione come tane e orme); tracce legate all’alimentazione (coproliti). La fossilizzazione di un resto di animale o di un vegetale è un evento raro. Infatti non appena gli animali o le piante muoiono ne inizia la decomposizione. Sebbene le parti più resistenti, come conchiglie, ossa e denti degli animali o il legno delle piante, resistano più a lungo dei tessuti molli, spesso questi elementi vengono disgregati da agenti naturali esterni (fisici e chimici), come vento e acqua corrente, e anche dall’azione di animali necrofagi (agenti biologici). Un processo completo di fossilizzazione si ottiene da un organismo sepolto rapidamente dopo la sua morte, prima che ne subentri la decomposizione o venga aggredito dagli agenti demolitori. Nella maggior parte dei casi questo seppellimento avviene ad opera della deposizione di sedimenti, come la sabbia o il fango trasportati dall’acqua, che ricoprono, depositandosi al fondo, gli organismi morti.
Il processo di trasformazione di un organismo vivente in un fossile può durare diversi milioni di anni. Tra i fossili dei Monti Aurunci quelli più comuni e rappresentativi sono le rudiste, ovvero dei bivalvi esclusivamente fossili (Giurassico superiore – Cretacico superiore), importanti sia dal punto di vista paleontologico, che paleoecologico. Le rudiste, infatti, forniscono importanti notizie stratigrafiche sui vari piani del Cretaceo, indicano quali sono le zone di piattaforma, di laguna e scogliera nelle ricostruzioni paleogeografiche e sono anche indicatori di clima caldo. Le Rudiste erano organismi bentonici gregari che crescevano sia come singoli individui che in dense associazioni con gusci spesso a contatto. Esse potevano vivere sia adagiate sul substrato se questo era soggetto a bassi tassi di sedimentazione, come le requienie, sia infossate nel sedimento per 2/3 della loro altezza, come le radiolitidi e le ippuritidi, con tassi di crescita tali da superare anche elevati tassi di sedimentazione ma sempre con la parte commissurale abbastanza lontana dall’interfaccia acqua-sedimento per consentire le attività metaboliche.
Le rudiste si possono ritrovare come i) individui isolati; ii) bouquet, composti da gruppi di pochi individui; iii) cluster, composti da gruppi di poche dozzine di individui; e iv) thicket, composti da numerose dozzine a molte centinaia di individui. Esse colonizzavano sia i settori più protetti delle piattaforme a sedimentazione carbonatica e/o mista terrigena che gli ambienti di margine e di rampa di collegamento al bacino (SKELTON & GILI, 1991; GILI et alii, 1995).
Fossili rinvenuti in grotta
In alcune delle numerose grotte presenti nel territorio dei Monti Aurunci esplorate dal Gruppo Grotte Castelli Romani sono stati rinvenuti diversi esemplari di fossili. Tra i più frequenti ci sono i fossili di una conchiglia del genere Turritella, rinvenuti su una delle pareti di un pozzo situato a circa -90 metri dall’ingresso della Grotta della Falange armata (1658 La; versante nord di Serra Campo di Venza, Esperia) e in una nicchia lungo un pozzo nella grotta Abisso Pitagorico (Monte Petrella) a circa -120 metri dall’ingresso, dove sono stati rinvenuti anche dei coralli.
Orme di dinosauro sui Monti Aurunci
Tra i vari fossili presenti nel territorio vanno annoverate senza dubbio le orme
di dinosauro recentemente scoperte nelle vicinanze di Esperia, dalla socia del
gruppo speleologico GGCR Maria Grazia Lobba. Le impronte sono distribuite su una
unica superficie di strato riferita al Cretacico Medio (Aptiano, 112- 125 Ma),
appartenente ad una successione marina, in ambiente di piattaforma carbonatica.
Questa scoperta ha consentito di anticipare di circa 10 milioni di anni la
presenza di dinosauri nella cosiddetta “Piattaforma carbonatica laziale-abruzzese-campana”.
Le orme sono state attribuite a teropodi di piccole dimensioni e a sauropodi di medie
dimensioni (Petti et al. 2008). L’affioramento di Esperia è il secondo icnosito
con orme di dinosauro scoperto nel Lazio meridionale e la testimonianza della
presenza di questi animali, legati ad aree emerse e scarsamente capaci di nuotare,
obbliga a modificare la modellistica paleogeografica dell’area centro-mediterranea
durante il Cretacico inferiore.
Orme di teropodi e sauropodi Esperia (Massimo Petti et al. 2008)